Scalate - Galton - Viaggiare e sopravvivere di Graziella Martina

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Scalare montagne innevate.- Precauzioni.- I pericoli maggiori a cui si espongono gli alpinisti sulle cime nevose delle Alpi possono essere ridotti a tre: - 1. La cedevolezza dei ponti di neve sopra ai crepacci. 2. Il rischio di scivolare su pendii ghiacciati. 3. La caduta di massi o di blocchi di ghiaccio. Per proteggersi dal primo pericolo, è consigliabile legarsi in cordata. Se le persone collegate dalla corda sono solo due, queste devono legarsi alla distanza di otto o dieci passi. La corda è una protezione efficace anche contro il secondo pericolo, benché sia successo che un uomo, cadendo, abbia trascinato con sé tutti i compagni. Contro il terzo pericolo, l’unica salvezza è rappresentata dalla prudenza e dalla circospezione, tenendo a mente che il ghiaccio si stacca quando la temperatura sale e che i massi di solito cadono da pareti di calcare. Per scalare una superficie ghiacciata di pendenza moderata sono sufficienti un paio di scarponi chiodati, ma per pendenze maggiori è indispensabile avere anche un’ascia da ghiaccio. Per superare un punto difficile della roccia, non basta aggrapparvisi con mani e piedi, ma bisogna aderire alla sua ruvida superficie con tutto il corpo, come fa il bruco.

 
    L’equipaggiamento da montagna consiste in corde, asce da ghiaccio o alpenstock, scarponi chiodati, occhiali colorati, una garza per proteggere il viso, sciarpe pesanti e ghette.
         


    Asce da ghiaccio.- Le asce per alpinisti fabbricate in Inghilterra sono di due tipi. Vi sono le asce per dilettanti, più leggere, fatte per scalpellare occasionalmente alcuni gradini nel ghiaccio, per allargare o risistemare quelli fatti male e per far presa sulla neve ghiacciata. Vi sono poi le asce per le guide alpine, che sono un attrezzo piuttosto pesante, fatto per costruire scalinate nel ghiaccio.
    Alpenstock.- Quello che abbiamo detto sull’impugnatura dell’ascia, vale in linea di massima anche per quella dell’Alpenstock. Le uniche differenze riguardano l’anello di cuoio, che non è necessario e la lunghezza del manico. Anche se non è considerata una regola assoluta, quello dell’Alpenstock deve arrivare a sfiorare la guancia del proprietario in piedi.
    Scarponi.- Per un uso occasionale o su di un ghiacciaio poco esteso, vanno bene degli scarponi alle cui suole siano state fissate delle viti con la testa seghettata. Per scalate più impegnative, invece, occorrono gli scarponi chiodati. Né gli alpinisti inglesi né le moderne guide usano più le suole con i chiodi, da legare sotto agli scarponi.
    Occhiali da neve esquimesi.- Per proteggere gli occhi dal riverbero del sole sulla neve, gli Esquimesi fabbricano una striscia di legno ricurva spessa due dita, con una fessura orizzontale che va da un’estremità all’altra. Malgrado questa fessura sia più stretta del diametro della pupilla e consenta ad una quantità minima di luce di raggiungere la retina, attraverso di essa si vede molto distintamente. Nel punto d’appoggio sul naso vi è una tacca, che ha la stessa funzione del ponte in un paio di occhiali. Questa striscia di legno, la cui curvatura segue quella del viso, viene legata sulla nuca con un paio di stringhe.



    Maschera protettiva.- In molti paesi, il vento freddo e tagliente fa screpolare la pelle del viso e i raggi del sole provocano vesciche. Occorre perciò proteggere la faccia, anche soltanto con una rudimentale maschera fatta con un fazzoletto da tasca. Per fabbricarla, si devono tagliare dei buchi nel tessuto, in corrispondenza degli occhi, del naso e della bocca. Si attaccano poi due stringhe al fazzoletto, per poterlo legare dietro le orecchie. Il naso può essere coperto con un pezzo di cotone triangolare.
 
    Salire sugli alberi.- Per arrampicarsi sulle palme e, in generale, sugli alberi dalla corteccia ruvida, il Colonnello Jackson suggerisce quanto segue:- “Legate insieme due asciugamani o due fazzoletti robusti, alle cui estremità dovete fare due cappi, ben aderenti ai piedi. Abbracciate l’albero il più in alto possibile e, dopo avere infilato i piedi nei cappi, premete contro il tronco questa specie di corda, lunga quanto metà della circonferenza dell’albero. Sollevatevi con le vostre staffe e portate in alto alternativamente le braccia e le gambe, fino a quando arrivate in cima. La discesa verrà effettuata allo stesso modo, invertendo l’ordine dei movimenti. La ruvidezza della corteccia ed il peso del corpo premuto contro il tronco impediscono alla corda di scivolare. Un cerchio o un laccio che assicurino lo scalatore al tronco sono un’utile aggiunta. Per facilitare l’ascesa, man mano che si sale si possono piantare nel tronco dei grossi chiodi a cui appendersi. Gli alberi dal legno morbido possono essere scalati incidendo delle tacche nel tronco, alla distanza di due piedi. Oppure si possono piantare dei pioli alternativamente a destra e sinistra, trasformando il tronco in una specie di scala.
Per scalare i muri si lega un peso all’estremità di una corda e la si lancia al di là della parete. Lo scalatore si afferra all’altra estremità e si tira su a poco a poco. Si legge di persone che, dovendo fuggire in fretta, si sono calate lungo i muri usando lenzuola annodate. Il modo migliore di ricavare una corda da un lenzuolo è di tagliarlo a liste larghe sei pollici circa e di intrecciarne i trefoli a due a due o più.
 
    Discendere una scogliera.- La discesa di una scogliera è un’arte che i naturalisti conoscono bene. Anche gli abitanti delle coste rocciose di alcune isole dei Mari del Nord, come St. Kilda nelle Ebridi e Foula nelle Shetland la praticano. A fine maggio, innumerevoli uccelli marini migrano verso queste isole per nidificare e allevare i piccoli. Le crepe e le cenge sono piene di grosse uova, che sono un alimento tutt’altro che disprezzabile per un nativo affamato.
Per discendere una scogliera si devono usare due corde: una, più spessa, serve allo scalatore per scendere; l’altra, più sottile e con un sasso al fondo, gli serve per aiutarsi quando viene tirato su. Inoltre, dando degli strattoni a questa fune, egli può trasmettere dei segnali ai compagni che stanno in alto. L’uomo che si vede nella figura 1 (con un palo dietro) e i due uomini che si vedono nella figura 2 hanno il compito di far scendere il loro compagno a 100-150 piedi più in basso. Essi si fanno passare sotto le gambe o intorno ai fianchi la fune alla quale lo scalatore è assicurato. Se egli è un principiante, conviene assicurarlo anche con una cintura attorno alle braccia, per evitare momenti di tensione nella discesa e permettergli di godere in tutta tranquillità della meravigliosa eccitazione che si prova quando si è sospesi nel vuoto e ci si può spostare anche di venti piedi con una piccola spinta del piede. E il vento, che a volte soffia forte al di sopra del precipizio, lungo la parete non si sente. Per proteggere la corda nel punto di sfregamento contro il bordo della rupe, bisognerebbe avvolgerla dentro a una guaina di cuoio ben ingrassata, una specie di tubo lungo almeno diciotto pollici, all’interno del quale farla scorrere.
 
    Vi sono tre precauzioni che dovete tenere a mente nella discesa: 1. Saggiate con i piedi la fermezza dei massi sporgenti, per evitare che il movimento della corda ne faccia staccare qualcuno quando vi trovate sotto. Per prevenire questo tipo di incidente, alcuni scalatori usano una specie di elmetto protettivo. 2. Fate attenzione che la corda non resti imprigionata in una fenditura della roccia, altrimenti vi ritroverete bloccati a mezz’aria. 3. Tenete sempre la corda ben tesa, perché se vi capita di scivolare quando la corda è allentata, lo strattone potrebbe strapparla ed anche il contraccolpo per gli uomini che la reggono è molto maggiore. Un tappeto erboso o una roccia liscia sono le superfici migliori sulle quali far scorrere la fune. In St. Kilda si usano corde di cuoio, che durano una vita e costituiscono anche la dote per le figlie che si sposano. Quelle che si usano nelle isole Faroes, invece, sono troppo incatramate.

Saltare torrenti.- Pendolo.- In Francia, per raggiungere la sponda opposta di un torrente, si getta una corda sopra al ramo di un albero che cresca sulla riva, la si afferra saldamente, si prende la rincorsa e ci si lancia dall’altra parte. Con questa manovra si imprime alla corda un movimento che ricorda l’oscillazione del pendolo.



Io invece mi sono affidata ad un cavo teso fra le due sponde.



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