Galton era uno scienziato dai molti interessi. Si occupava di medicina, di matematica e di meteorologia, trovandosi perfettamente a suo agio nel clima di passione vittoriana per la scienza e per il progresso tecnologico.
Fin verso la metà dell’ottocento, i termini usati per indicare la qualità del tempo — presentato sui giornali sempre e solo retrospettivamente — erano piuttosto vaghi. Si parlava di tempo bello, piovoso, rannuvolato, afoso, sereno o nevoso. Il 1° agosto del 1861, ad esempio, sul Times si prevedeva, in modo generico, bel tempo su tutte le isole britanniche. Nel mese di dicembre di quell’anno, sullo stesso giornale Galton scriveva: “Il mese è cominciato con condizioni cicloniche ed è continuato con una condizione opposta e supplementare. Il ciclone è un flusso ascensionale di aria, associato a un barometro basso e a nubi, dovuto all’aria calda e umida che diventa fredda quando sale... con una rotazione antioraria nell’emisfero nord. Quello che ho trovato adesso è una rapida discesa di aria associata a un barometro alto e a un cielo limpido, con un deflusso che ha un percorso circolare in senso orario. Ho chiamato anticiclone questo sistema che ho appena scoperto.”
Per modificare le carte del tempo e arricchirle di un numero sempre maggiore di dati climatici e di informazioni dettagliate riguardanti la temperatura, la pressione barometrica, la velocità e la direzione dei venti, le precipitazioni, egli cominciò a effettuare delle ricerche più sistematiche. Onde ottenere delle osservazioni in contemporanea, da fonti diverse, su vaste zone geografiche, inviò ai meteorologi di alcuni paesi europei, fra cui il Belgio, la richiesta dei dati del mese di diembre del 1861. Non ottenne molte risposte, ma pubblicò quelle che arrivarono in un libro dal titolo Meteorographica, accompagnandole con una serie di carte del tempo. Esaminò attentamente anche le deviazioni dalla norma. Nominato direttore dell’Ufficio meteorologico britannico, continuò la sua minuziosa ricerca in questa veste, occupandosi anche delle mappe orografiche e realizzando una migliore rappresentazione della distribuzione delle catene montuose in paesi poco conosciuti.
Galton, inoltre, ha gettato le basi del sistema delle impronte digitali, usato in seguito dalle polizie di tutto il mondo. Si è ispirato al metodo del francese Alphonse Berthillon, che fotografava il soggetto di fronte e di profilo, ne misurava la statura, la lunghezza degli arti, quella del dito medio della mano sinistra, la larghezza della testa, per poi raggruppare tutte queste misurazioni in nove classi. “I piccoli solchi, le linee e i pori, disposti in un ordine singolarmente complesso e preciso sulle superfici delle mani e dei piedi sono forse i segni più belli e caratteristici fra quelli esterni del corpo” disse nel corso di una conferenza. I solchi e le linee, infatti, formano un disegno singolare e intricato, i cui dettagli cambiano da un individuo all’altro e possono essere classificati senza difficoltà, permettendo l’identificazione personale. Nel suo libro intitolato semplicemente Fingerprints (Impronte digitali), Galton fornisce molte descrizioni dettagliate della loro forma e persistenza, della relazione con i fattori ereditari e di razza, della possibile classificazione, indicizzazione ed inserimento nei casellari giudiziari insieme alle foto delle persone condannate. Parallelamente, Galton si è occupato di fotomontaggio e ha sperimentato la fotografia stereoscopica, vale a dire la ripresa fotografica di due immagini dello stesso soggetto, per ottenere, in sede di osservazione visiva, l’effetto tridimensionale.
Ha raccolto i risultati dei suoi studi sui poteri della mente in un libro dal titolo Indagine sulle facoltà umane, uscito nel 1893.
Nell’ambito dei suoi studi di antropologia, egli ha anche approfondito il problema dell’ereditarietà degli attributi fisici e mentali. È infatti uno dei padri dell’eugenetica, il ramo della genetica che si propone il progressivo miglioramento biologico della specie umana, attraverso una procreazione controllata e con l’incrocio fra individui portatori di caratteri geneticamente favorevoli.
Fra i suoi innumerevoli interessi, vi era anche lo studio dell’influenza esercitata dalle grandi personalità, del prestigio personale derivato da innate capacità di comando o da forza di persuasione. Galton cita l’esempio di Giuseppe Garibaldi, che egli aveva visto a Londra, a Trafalgar Square, mentre, in piedi su una carrozza ridotta in pessime condizioni, andava verso Parliament Street. Ciò che colpiva — scrive Galton nelle sue Memorie — era il movimento e il fremito di eccitazione che percorreva la folla al suo passaggio, malgrado la totale assenza di pompa e di ostentazione. La semplicità, la gentilezza e la nobiltà impresse nei lineamenti e in tutta la persona dell’eroe dei due mondi erano tali che Galton, per la prima e l’ultima volta nella sua vita, le considerò come qualcosa che aveva a che fare con l’influenza che Gesù aveva esercitato sulle moltitudini. Più modestamente, Giuseppe Garibaldi e le sue Camicie Rosse sono citati nel testo all’inizio del capitolo sull’abbigliamento perché le loro uniformi possono essere adottate dai viaggiatori che badano soprattutto alla praticità.
Galton era cugino primo di Darwin. Nel libro compaiono alcune citazioni di quest’ultimo, tratte anche da Il viaggio di un naturalista intorno al mondo, pubblicato nel 1840, frutto della sua esperienza di viaggio sul brigantino Beagle, dalle coste della Patagonia alle isole Galapagos e alla Terra del Fuoco.
Forse per distrarsi dalle sue ricerche e dalle attività più impegnative, Galton ha applicato i suoi metodi scientifici a cose molto più frivole, come la bellezza delle donne. Egli ne disegnò una mappa, dalla quale si deduceva che Londra aveva un’altissima densità di donne avvenenti, mentre ad Aberdeen, in Scozia, si concentravano tutte le più brutte. Non risulta però che, mettendo a profitto i suoi studi in eugenetica, egli abbia proposto delle soluzioni volte ad un miglioramento estetico di queste ultime.