Materassi e sostituti.- Il viaggiatore dovrebbe sempre avere con sé un pezzo di tessuto impermeabile Mackintosh della misura di 7 piedi per 4, da stendere sul terreno sotto al suo giaciglio. Anche i servitori bianchi della spedizione dovrebbero essere forniti di una di queste pezze. In sua mancanza, va bene anche una striscia di canapa colorata, anche se è meno indicata, perché si strappa facilmente ed è piuttosto pesante. Il tessuto Mackintosh adatto a tutti i climi è di lino e può anche essere usato per fabbricare lenzuola, soprabiti, borse per l’acqua, salvagenti e canotti gonfiabili. Bisogna sempre averne un pezzo di riserva, insieme a una piccola scatola con il necessario per il rammendo.
Materasso.- Un modo semplice di fabbricare un materasso è quello di riempire un sacco di tela con dei materiali come la lana, le penne e i peli di animali, le foglie secche, la paglia, le felci, l’erica, i giunchi, i trucioli e i fasci di sterpi, presi dall’ambiente in cui ci si trova. Per evitare che l’imbottitura si sposti e si ammucchi tutta da una parte, è consigliabile trapuntare il sacco.
Pagliericcio.- Le foglie secche di granturco rappresentano un’ottima imbottitura per il materasso, che in questo caso prende il nome di pagliericcio.
Stoppa.- Con la stoppa, ottenuta sfilacciando della vecchia corda di canapa o altro, si può fare un materasso confortevole.
Trucioli.- Otto libbre di trucioli formano un ottimo giaciglio. Io stesso, lavorando di pialla per 3 ore e mezzo, ho ricavato questa quantità da un tronco e ne ho imbottito un sacco, sul quale ho dormito confortevolmente. Se non disponete di una pialla, potete fabbricarvela artigianalmente, legando un coltello a serramanico a un bastone, a cui sia stata data la giusta forma.
Preparare il terreno per il letto. I viaggiatori esperti sanno quanto sia importante dormire comodi la notte. Se non si ha a disposizione un materasso, bisogna almeno rendere accogliente il suolo su cui si dorme. La prima cosa da fare è di ripulirlo accuratamente da legni, sassi e radici, che danno fastidio quando si è distesi. Poi, lo si deve ricoprire con dell’erba secca o del materiale caldo al tatto, cercando di imitare la struttura di un nido d’uccello. Se il terreno è paludoso, occorre creare un luogo sopraelevato, sistemando vicini due tronchi d’albero o facendo una pila di pietre, su cui sistemare una pelle o una gualdrappa. Qualora si preveda una notte di freddo intenso, conviene indossare, uno sull’altro, tutti i capi d’abbigliamento di riserva. Poiché è sgradevole giacere su di una superficie piana come quella di un pavimento, è consigliabile scavare una cavità che abbia la forma mostrata nella figura 2. Se non potete farlo, scavate almeno una buca in corrispondenza dell’osso iliaco. Nella figura 1 è raffigurato un uomo che dorme in atteggiamento naturale. In questa posizione, il suo corpo riempie una cavità profonda circa 6 pollici.
Copriletti. - Osservazioni generali.- La coperta ideale per una persona che dorme all’addiaccio deve avere una tessitura tale da impedire al vento di passare attraverso le sue fibre. Se l’aria riesce ad insinuarsi, non vi è spessore che tenga e diventa impossibile tenere lontano il freddo. Le coperte di pelle e quelle impermeabili rispondono a questi requisiti, anche se la biancheria da letto non deve impedire del tutto il passaggio dell’aria, altrimenti il corpo trattiene tutte le secrezioni cutanee, che avvelenano il dormiente. Esse agiscono sul sangue attraverso la pelle e indeboliscono il potere dell’organismo di emettere calore vitale, costringendo il fuoco della vita a bruciare più debolmente. Bisogna quindi trovare una soluzione intermedia, in modo da non imprigionare il corpo in uno spazio troppo chiuso e mal ventilato né esporlo troppo all’aperto. La coperta più esterna deve avere un certo peso, in modo da non essere facilmente spostata né dalla persona che si muove nel sonno né dal vento. Penso che in un clima asciutto non ci sia niente di meglio di una pelliccia per coprirsi, ma in un clima piovoso io preferisco infilarmi in un sacco, con una grande coperta e un copriletto impermeabile sistemati sopra.
Completo per dormire.- Con il tessuto delle coperte, alcuni viaggiatori si fanno tagliare e cucire un cappotto abbondante, un paio di pantaloni, con tasche ad libitum e un berretto. In questo modo abbinano al vantaggio di dormire comodi quello di essere già vestiti in caso di emergenza.
Piume.- Se sono state strappate nel modo giusto, le piume per imbottire il copriletto non hanno bisogno di nessun trattamento particolare, se non quello di batterle e di farle asciugare bene.
Carta da pacchi.- La carta marrone da pacchi è un eccellente non conduttore del calore. Gli inglesi che abitano nei cottage di campagna spesso ne mettono dei fogli dentro alle imbottiture dei copriletti. Se viene bagnata e poi fatta asciugare, la carta non fa più rumore.
Vestiti a doppio uso.- In mancanza di indumenti specifici per la notte, per difendersi dal freddo il viaggiatore può mettersi addosso tutti i vestiti che possiede. E’ straordinario il calore che può dare anche una sola camicia in più.
Abiti asciutti.- Per quanto umido sia il tempo durante il giorno, si deve fare ogni sforzo per conservare asciutto almeno un abito per il bivacco notturno. Mentre il sole è alto sull’orizzonte, l’umidità ha scarsi effetti su un uomo sano e attivo, ma non altrettanto si può dire per la notte. Un’esposizione notturna al freddo e all’umido può avere esiti disastrosi.
Cuscini.- Dormire senza cuscino è abbastanza scomodo. Molti viaggiatori mettono sotto al capo la propria sella, dopo aver messo un sasso per tenerla ferma. Personalmente, preferisco mettere il sasso senza la sella. Se possibile, però, cerco di procurarmi un sacco o una borsa da riempire di vestiti, di erba, di terra o di sabbia.. Trovo che un piccolo sacco riempito con questi materiali costituisca un cuscino molto confortevole. Alcuni viaggiatori mi hanno scritto suggerendo dei cuscini gonfiabili.
Vi sono quattro modi in cui un viaggiatore, affidato alle proprie risorse, può affrontare la notte. Egli può bivaccare, erigere un rifugio temporaneo con materiale trovato sul posto, costruire una capanna o montare una tenda.
Osservazioni generali.- Pernottare all’aperto in un clima umido o insalubre è molto sgradevole, ma se la temperatura è secca è meglio che dormire in tenda. Gli uomini che dormono all’addiaccio, respirano aria pura e sono permeati dallo spirito della vita libera e a contatto con la natura più di quelli che passano la notte in tenda. Giacere mezzi addormentati a guardare le stelle e l’accampamento intorno e ad ascoltare i rumori degli animali selvatici tutt’intorno è un piacere immenso. A tarda notte, quando il fuoco è basso e i servitori e il bestiame dormono e non vi è altro rumore che quello del vento o di qualche animale, il viaggiatore si trova in stretta comunione con la natura.
Questo piacere, che rappresenta il fascino maggiore del viaggiare in luoghi incontaminati, è del tutto sconosciuto a chi dorme in tenda. La tenda rappresenta la civilizzazione e ne perpetua le abitudini negative. Un uomo abituato a bivaccare, in caso di pericolo notturno corre nel buio in cerca di salvezza, come farebbe un animale selvatico. Un uomo che dorme in tenda non se ne allontana, perché fuori dalla luce e dalla protezione fittizia rappresentata dalle sue pareti ha paura. In tenda il sonno è pesante e non si sentono distintamente i rumori. Inoltre, non si vede nulla e il bestiame potrebbe andarsene improvvisamente senza che nessuno se ne accorga. Poi, è più pericoloso perché i predoni possono sapere esattamente dove ci si trova e agire di conseguenza, avvicinandosi inosservati e dando una coltellata attraverso il tessuto. Napoleone I aveva una grande opinione della superiorità del bivacco rispetto alla tenda. Egli diceva che era più salutare per i soldati.
Riparo dal vento.- Ciò che occorre, in una contrada ventosa, è uno schermo basso e resistente. Se si riesce a estirpare una grossa zolla erbosa, questa potrebbe formare un riparo sufficiente. Il vento però non soffia sempre nella stessa direzione e forma mulinelli d’aria, a causa delle collinette e dell’ondulazione del terreno. Occorre osservare in quali punti l’erba o la sabbia non si muovono, quando tutt’intorno il terreno è agitato dal vento. Un viaggiatore esperto sceglierà di mettersi al riparo di un piccolo rilievo del terreno, dall’aspetto insignificante, ma che sarà sufficiente a proteggerlo.
Riparo dalla pioggia e dal freddo.- Un muro ci protegge dal vento, ma per ripararci dalla pioggia o dalla rugiada abbiamo bisogno di un tetto. Anche quando la temperatura è molto bassa occorre un riparo dal gelo notturno. Se il cielo è nuvoloso, ogni nuvola è come un tetto che tiene lontano il freddo, ma se il cielo è sereno si è completamente esposti al gelo notturno. Sulla ghiaia la temperatura è più alta. Le pecore di Hyde Park hanno una conoscenza pratica di questa differenza. Mi è capitato molte volte di vederle, durante le mie passeggiate mattutine, bivaccare sui ciottoli dei sentieri di Rotten Row. Nei paesi aridi, il freddo è ancora maggiore, soprattutto ad alta quota. E’ questo il caso degli altopiani desertici della Mongolia. In questi luoghi c’è quindi bisogno non soltanto di un tetto, ma anche di un posto rialzato per dormire.
Differenti sistemi di bivacco.- Senza riparo.- Il sig. Shaw, di ritorno da un viaggio in Tibet, racconta: “Per tenerci caldi, durante la notte, ci inginocchiavamo vicino a un monticello, appoggiandovi la testa e restando il più possibile rannicchiati. Se eravamo fortunati e non c’era troppo vento, riuscivamo a creare un ambiente abbastanza caldo, coprendo la testa con il cappotto e rimboccandolo con cura tutt’intorno. I piedi erano quelli che soffrivano di più. Ho passato molte notti in questa posizione accovacciata, riuscendo a dormire bene. Se mi fossi disteso, non sarei riuscito a chiudere occhio per il freddo.”
Cespugli.- Se vi sono due o tre cespugli vicini, intrecciatene i rami per creare un riparo. Oppure piantate nel terreno alcuni rami frondosi e piegatene le punte ad arco. Per renderli più impermeabili a pioggia e vento, potete legarvi dei lunghi fili d’erba.
Muri.- Si può costruire un efficace schermo contro il vento accatastando borse da sella e altro equipaggiamento da viaggio. Per chi viaggia in Tibet non è tanto importante avere un tetto sopra la testa quanto proteggersi dietro a un muro, che ripari dal vento. Per questo motivo, nei luoghi di sosta di questo paese vi sono numerosi piccoli recinti costruiti come le celle di un alveare intorno a buche poco profonde, con un focolare nel mezzo. Se si vuole avere un soffitto, almeno parziale, si possono fissare ai muri dei vestiti o dei tessuti.
Riparo in tessuto.- Per costruire un riparo come quello del disegno occorre un pezzo di stoffa da legare ad un palo o, in sua mancanza, al fucile. Così faceva il viaggiatore americano Fremont, il quale, per costruirsi un riparo, utilizzava i suoi fucili. Li sistemava a piramide, con l’impugnatura appoggiata al terreno e li legava insieme vicino alla bocca. Su questa struttura gettava poi un tessuto usato di giorno per proteggere le borse, che era sufficientemente largo da coprire parzialmente il letto e gli strumenti. Per precauzione, egli appoggiava un coltello vicino alla corda che teneva legati i fucili, per poterla tagliare velocemente in caso di allarme.
Importanza delle comodità.- Concludo questi consigli confermando quanto sia importante per il viaggiatore avere un luogo asciutto e confortevole per dormire e proteggersi dal freddo della notte, non importa quanto duramente egli debba lavorare per costruirsi questo riparo. Non c’è niente di peggio che giacere rabbrividendo sotto ad una coperta inadeguata e sentire che l’aria della notte diventa di ora in ora più fredda, proprio quando la propria linfa vitale è meno in grado di contrastarne gli effetti. Inutile rimproverarsi di non essere stati più previdenti e pensare a quanto sarebbe stato diverso se si fosse spesa qualche energia in più per tagliare legna da ardere e fabbricare un posto riparato. Questa mancanza, una volta commessa, diventa irreparabile. Nel freddo impietoso della notte, non si ha sufficiente vigore per alzarsi e affrontare le difficoltà.
Bivacchi in luoghi particolari. Nelle foreste.- Un fitto gruppo di alberi fornisce un ottimo riparo. Gli svedesi hanno un proverbio che dice: “La foresta è la casa del pover’uomo.” Nei boschi di abeti è molto facile costruire accampamenti, perché i rami degli alberi proteggono dalle intemperie e i tronchi di quelli abbattuti, adagiati sul suolo innevato, formano uno strato protettivo. Per costruire un riparo come quello della figura, si devono piantare nel terreno due pali, sui quali sistemare una traversa orizzontale. Su questa sbarra si appoggiano poi alcuni tronchi e vi si dispongono in senso orizzontale molti rami di abete, tenuti fermi da pertiche.
In pianure brulle.- Se la notte è serena e senza vento e state per accamparvi in una pianura vasta e aperta, cercate uno di quegli spiazzi leggermente sopraelevati, che si innalzano come isole sopra il mare di bruma che copre il bassopiano. Lo strato freddo di aria scorre via più velocemente da essi, per essere sostituito da aria più calda. Se la pianura è sabbiosa, ci si può proteggere dal vento innalzando dei muri con dei sacchi pieni di sabbia, accatastati uno sull’altro come se fossero grosse pietre.
Affondati nella sabbia.- Un viaggiatore europeo può affrontare una fredda notte senza niente di più di ciò che ha indosso, se ricopre il suo corpo di sabbia, lasciando fuori soltanto la testa. E’questa un’abitudine degli indigeni d’Australia e degli Ottentotti del Sud Africa. Il Signor Moffat ricorda di essere stato gradevolmente sorpreso nel passare una notte in questo modo, a dispetto dei tristi presentimenti della vigilia. Dopotutto, un uomo può sentirsi altrettanto confortevole in un buco quanto in un rifugio. In alcuni paesi caldi vi sono dei pozzi scavati dai nativi, un tempo funzionanti, ora abbandonati e parzialmente riempiti di sabbia. Questi pozzi possono essere usati per dormire, tanto più che di notte essi sono abbastanza caldi. Se però il calore non fosse sufficiente, si può accendere un piccolo fuoco sul fondo della buca e coprirne l’imboccatura con un tessuto.
Nella cenere. Per difendersi dal freddo, ci si può rannicchiare per alcune ore nella cenere ancora calda del fuoco dell’accampamento appena spento.
Nelle carcasse di animali.- Nella campagna di Russia, molti soldati di Napoleone hanno salvato o prolungato la propria vita, durante la ritirata, infilandosi nella carcassa calda e fumante di un cavallo appena morto.
Vicino all’acqua.- Una spiaggia pietrosa è un terreno adatto per accamparsi. In più, ha il vantaggio di rendere impossibile ai malintenzionati di avvicinarsi senza essere sentiti. L’acqua, però, favorisce la presenza di insetti e rende più umida l’aria notturna.
Vicino a massi.- Il Dr. Hooker mi scrive che in Tibet vi è l’usanza di dormire vicino a qualche grande masso, che di notte rilascia lentamente il calore assorbito durante il giorno. La vicinanza a questa riserva notturna di calore è molto apprezzata. Nei paesi caldi, invece, i grossi massi sono ricercati per ripararsi alla loro ombra durante il giorno.
Nell’erica.- Il Signor St. John mi scrive che i bracconieri delle Highlands, per difendersi dal freddo notturno nella brughiera, utilizzano l’erica. La tagliano, ne spargono alcune manciate sul terreno e vi si coricano sopra, sistemandosi uno accanto all’altro. Uno di loro rimane fuori ed i suoi compagni gli lasciano uno spazio vuoto in mezzo al gruppo. Egli ha il compito di distendere sopra di loro le coperte e di ricoprirle con l’erica rimasta. Terminata l’operazione, l’uomo si infila strisciando nel varco in mezzo ai compagni.
Sulla neve.- Il Dr. Kane, reduce da una spedizione nella regione artica, mi scrive: “Abbiamo imparato a ridurre al minimo il nostro equipaggiamento, eliminando articoli che supponevamo indispensabili e guadagnandone in efficienza. Alla fine del nostro viaggio, avevamo adottato la suprema semplicità degli Esquimesi: carne cruda per nutrirci e un sacco di pelliccia per proteggerci dal freddo.”
Il Luogotenente Cresswell, il primo ufficiale a percorrere nel 1853 il passaggio a Nord Ovest, così descrive il suo viaggio: "Nella regione artica, si deve fare affidamento esclusivamente sulle proprie risorse personali. L’ambiente offre soltanto neve per l’acqua; nessun prodotto locale, niente legna o carbone per il fuoco. Tende, utensili, cibarie, batteria da cucina, spirito per accendere il fuoco e tutto quanto occorre per il viaggio devono essere trasportati su di una slitta. Un uomo riesce a trainare un carico di circa 200 libbre di provviste, sufficienti per una quarantina di giorni. Si viaggia per una decina di ore, preferibilmente di notte, per evitare il riverbero del sole sulla neve. Montato il campo, si accende il fornello e si sistema il bollitore, nel quale far sciogliere la neve. La cena consiste in un pezzo di pemmican e in un bicchiere d’acqua. Poi, si fuma la pipa e si va a dormire. Il letto è costituito da un pezzo di tessuto impermeabile steso sopra la neve, sul quale si sistema una pelle di bufalo ben tesa. In più, ogni ufficiale ha una coperta cucita a forma di sacco, dentro cui infilarsi ed una pelle per coprirsi. Ci si stende uno di fianco all’altro, cercando di essere il più vicino possibile per stare caldi e sistemandosi alternativamente testa e piedi, come tante sardine in scatola. Anche se personalmente non l’ho mai sperimentato, so che è possibile seppellirsi nella neve e stare al caldo, senza sentir mancare l’aria. Ho letto anche di uomini caduti dentro a cumuli di neve ammucchiati dal vento e tratti in salvo soltanto dopo parecchi giorni, che non avevano sofferto il freddo, ma soltanto la fame e la paura.
Capanne e iglò.- Nella costruzione di un rifugio per la notte, è bene ispirarsi alle case dei nativi, già sperimentate dall’esperienza. Basta costruirle con un po' più di cura e saranno perfette anche per gli europei.
Capanne di tronchi d’albero.- Si piantano nel terreno quattro pali in corrispondenza dei quattro angoli di un quadrilatero. Per costruire le pareti, si sovrappongono i tronchi in posizione orizzontale, avendo cura che le loro estremità, intagliate a coda di rondine, si incastrino perfettamente tra di loro nel punto in cui si congiungono. Quando i muri sono completati, si intagliano i vani per la porta e le finestre e si calafatano gli interstizi con il muschio.
Rifugi sotterranei.- Al tempo dell’assedio di Sebastopoli, essi hanno permesso all’armata britannica di sopravvivere nella stagione fredda. Sono delle buche scavate nella terra, con un tetto sopra, come si vede nella figura 1. La loro forma e, soprattutto, la grandezza dipendono dall’ampiezza del tetto che si è riusciti a trovare. L’altezza deve consentire ad una persona di stare in piedi. Se il terreno è collinoso e ha un’inclinazione come quella a a’ della figura 2, è molto facile costruire un rifugio sotterraneo del tipo b. Per fare in modo che la pioggia scorra via più velocemente dal tetto, è consigliabile mettere uno strato di rami sulla superficie del suolo sovrastante. In corrispondenza del punto a’ la terra è stata rimossa per ricavare il vano della porta.
Capanne di canne.- Gli arabi Affej e gli abitanti delle paludi della Caldea costruiscono capanne di canne che hanno la stessa forma della volta a botte dei carri dei pionieri. Essi piantano nel terreno delle fascine di canne di forma semicircolare, sistemate una accanto all’altra e, per proteggere l’interno dalla pioggia, ricoprono questa struttura con due o tre strati di sottili canne intrecciate.
Iglò.- Pochi viaggiatori hanno affrontato la costruzione di un iglò, anche se tutti ne han sempre elogiato la comodità. In realtà, la realizzazione di questo edificio a forma di cupola richiede molta abilità ed esperienza. Si deve usare neve più compatta per il pavimento e meno compatta per le pareti. Dopo aver scelto il luogo dove sorgerà l’iglò, occorre disegnare sulla neve un cerchio della dimensione che dovrà avere l’interno. Poi, bisogna tagliare dei blocchi di neve di forma ricurva, profondi 6 pollici e lunghi 3 piedi e sistemarli in diversi strati, a formare le pareti. Vicino alla sommità della cupola, i blocchi di ghiaccio devono avere una curvatura più accentuata. Dopo aver chiuso con un tappo di neve di forma conica il centro della volta, si devono riempire le fessure con altra neve, poi ricavare con un coltello i vani per la porta e per le finestre. Queste vengono poi invetriate con una lastra di ghiaccio, del più puro che si riesca a trovare. Alcune colonne di neve erette all’interno dell’iglò serviranno per sistemare le lampade.
Pareti di neve e tetto di tessuto .- Il Signor McClintock mi scrive: “Al tramonto, dopo un’intera giornata di viaggio, cominciavamo a costruire la nostra capanna di neve. Lavoravamo per un paio d’ore a tirare su i quattro muri, alti 5 piedi e mezzo ed inclinati verso l’interno. Queste erano le ore più sgradevoli dell’intera giornata, perché alla stanchezza per il viaggio si aggiungevano la fatica e l’intorpidimento per il freddo. Di solito Thompson ed io tagliavamo i blocchi di neve compatta e li portavamo a Petersen, che fungeva da capomastro. A costruzione ultimata, fissavamo in cima alle pareti le nostre piccole tende che fungevano da tetto, ricoprivamo il pavimento con del tessuto impermeabile e vi sistemavamo sopra i sacchi per dormire. Poi, davamo da mangiare ai cani e scaricavamo la slitta, portando tutto dentro alla capanna. Chiudevamo il vano della porta con della neve e accendevamo il fornellino. Trascritte le annotazioni sul diario, caricavamo gli orologi e ci infilavamo nei sacchi a pelo. Parlavamo delle qualità e dei difetti dei cani fumando la pipa, fino a quando la cena era pronta. Mandato giù il desinare, sistemavamo una coperta sopra il sacco a pelo e ci preparavamo a dormire. I nostri piedi erano avvolti in pezzi di coperta, sopra ai quali indossavamo mocassini o stivali di pelliccia, che tenevamo tutta la notte. All’inizio della notte si stava abbastanza caldi, perché il fornellino acceso per la cena aveva fatto salire la temperatura del nostro rifugio, ma, verso il mattino, le coperte e il sacco a pelo erano ricoperti di ghiaccio ed il freddo si faceva sentire intensamente. Appena alzati, facevamo colazione e, dopo aver lottato per infilare gli abiti congelati, caricavamo le slitte e affrontavamo un’altra giornata di marcia.”
Materiale per fabbricare rifugi.- Rami e fango.- Un rifugio può avere la forma della struttura a cupola che si vede sotto il paragrafo “Asciugare i panni.” Per la sua costruzione occorrono alcuni bastoni flessibili, lunghi 4 piedi, da piantare in cerchio nel terreno, alla distanza di un piede. Bisogna poi curvare le loro punte e legarle strettamente, rinforzando la volta con dei rami posti orizzontalmente, fra i quali inserire delle foglie e dei larghi pezzi di corteccia. Alla base dei bastoncini occorre ammucchiare della terra, formando un bordo il più alto possibile. Per una protezione ancora maggiore, si dovrebbe ricoprire l’intera struttura con del fango, della creta o dello sterco di vacca. Una variante più accurata, molto comune fra i selvaggi, consiste nel piantare nel terreno tanti pali quanti sono i bastoncini impiegati per il tetto. Questo viene costruito separatamente e appoggiato sopra, legando ogni bastoncino al palo corrispondente.
Palizzate.- Sono eccellenti come muri o recinti. I selvaggi ne costruiscono lunghi tratti senza l’aiuto di alcun utensile, con lo scopo di creare una fortificazione o una recinzione, nella quale lasciare varchi per sistemare delle trappole. Per procurarsi i tronchi necessari, essi procedono in questo modo:- Un gruppo di uomini va nella foresta e accende piccoli fuochi attorno alla base degli alberi da abbattere. Affinché non si sviluppino delle fiamme troppo alte, si usano piccole quantità di foglie. Quando il fuoco ha bruciato tutte le foglie, consumando un poco il tronco, l’uomo addetto a questa mansione rimuove la cenere e sistema un altro mucchietto di foglie. Ci vogliono alcune ore perché il fuoco, alimentato ripetutamente, eroda l’intero tronco. Un uomo può occuparsi contemporaneamente di una dozzina di alberi. Quando l’albero giace a terra, se ne bruciano i rami e si trasportano tutti i tronchi nel luogo in cui si deve costruire la palizzata.
Muri di paglia e canne.- Sono molto efficaci e semplici da costruire. La paglia e le canne sono tenute insieme da due lunghi bastoni, legati alle estremità e in alcuni punti intermedi, per comprimere bene il materiale. Dopo aver tagliato i bordi della stessa lunghezza, si possono utilizzare questi tramezzi per completare i muri o il tetto di una casa. Volendo, si può sistemare questa imbottitura in modo che sia movibile. In questo modo, la si può spostare a seconda della direzione del vento o della posizione del sole.
Corteccia.- Per costruire i rifugi e i tetti delle capanne, gli aborigeni d’Australia usano la corteccia degli alberi, materiale usato in seguito anche dai colonizzatori. La corteccia è più facilmente asportabile quando la linfa dell’albero è più vitale, ma una persona esperta è in grado di procurarsela in ogni periodo dell’anno, fatta eccezione per i mesi invernali più freddi. Per staccarla, si praticano due tagli orizzontali ed uno verticale che li unisca. Partendo dal taglio verticale, si stacca lentamente lo strato, fino a quando non si è rimosso l’intero cilindro, che viene disteso al suolo e lasciato asciugare per qualche giorno, con delle pietre sopra. Più l’albero è grande, minore è il rischio che la corteccia si rompa quando la si appiattisce. Molti esploratori si portano dietro un aiutante nero, per la sua prodigiosa abilità nel rimuovere la scorza. Egli è in grado, in un’ora, di procurarne una quantità sufficiente a costruire ripari per un gruppo numeroso.
Stuoie.- Non mi viene in mente un nome migliore da dare a questo nodo meravigliosamente semplice, che serve a unire piccoli fasci di paglia, verghe, canne e quant’altro è necessario per fabbricare una stuoia flessibile e robusta, da utilizzare nella costruzione di un rifugio. In Estremo Oriente, anche le vele e i ponti in bambù delle barche sono tenuti insieme da un nodo molto simile a questo. Il tetto e i muri delle capanne possono essere costruiti con assi e pali disposti parallelamente e tenuti insieme da questo nodo.
Tela impermeabile.- E’ molto adatta per fare il tetto. Se si dispone soltanto di tela normale, la si può impermeabilizzare, seguendo il metodo usato dai marinai, che è eccellente e garantisce morbidezza e durata al tessuto. Si deve immergere la canapa nell’acqua di mare e, mentre è ancora umida, la si cosparge da un lato con una miscela di grasso e di catrame fatti bollire insieme, nelle proporzioni di uno a due. Appena la stoffa è asciutta, si ripete l’operazione sull’altro lato.
Altri materiali da costruzione.- Non richiedono spiegazioni e mi limiterò ad elencarli: fascine, mattoni, zolle erbose, pietre, sacchi di sabbia, ciottoli e bianco di calce.
Tetti. - Copertura di paglia.- I fasci di paglia devono essere legati alla struttura del tetto partendo da basso. Essi devono essere sistemati uno accanto all’altro, con le punte all’ingiù. La seconda fila deve essere disposta in modo che le punte della paglia coprano parzialmente il gambo dei fasci della prima fila.
Tegole di legno.- Sono mattonelle di legno ricavate dai tronchi di abete e usate come le normali tegole di ardesia.
Pavimenti.- Mischiando otto parti di grossi ciottoli, quattro parti di sabbia di fiume ed una parte di calce si ottiene del cemento per fare i pavimenti. Nei paesi caldi, si fabbrica un tipo di pavimento duro e asciutto mischiando sterco di mucca e cenere oppure sangue di bue ed argilla.
Finestre.- Per chiudere, seppure in modo rudimentale, una finestra, che a volte è soltanto un buco nel muro, si possono usare dei piccoli fasci d’erba appesi ad un bastone. Se fa caldo, è consigliabile bagnare l’erba per mantenere più fresco l’interno.
Tagliare il vetro.- E’ impossibile tagliare con una certa precisione il vetro senza una punta di diamante. Ma se ci si accontenta di ridurlo in qualche modo a dimensioni più piccole, si può utilizzare una chiave, purché lo spazio fra i suoi denti consenta alla lastra di passare, per romperne a poco a poco i bordi.
Sostituti del vetro.- La carta e il tessuto oleati o incerati, la vescica animale, la membrana di pesce e il corno possono essere dei sostituti del vetro.